Lettera di una madre da Monopoli a Puglia for family. L’appello ai politici: Fate presto

Vivo a Monopoli, sono la madre di una ragazzina di 13 anni, che ha la stessa età di una altra che ha deciso di togliersi la vita qualche giorno fa perché estromessa da una chat di amici, non invitata ad una serata. Sono terrorizzata. Mia figlia come molte sue coetanee è lì attaccata ad un telefonino tra videochiamate e Tik Tok.

No, non mi dite che bisogna controllare e si è al sicuro. Non è vero. Io parlo con mia figlia. Cerco di capire cosa l’affligge e cosa la fa gioire. Ma sono un genitore, non una amica. Faccio la madre e sono in quel limbo tra dare regole e un po’ cedere. Quella ragazzina ingoiata dalla sua inquietudine poteva essere la mia.

Poteva essere figlia di un insegnante, di un politico, di un magistrato, di un medico. Siamo tutti in pericolo. Non vale a nulla l’elemento culturale se non c’è una comunità educante, una rete istituzionale che aiuti le famiglie. Abbiamo bisogno di tutti, della scuola, dello sport, delle parrocchie. Questi ragazzi sono soli e io mi sento abbandonata, isolata. Allora mi chiedo che fine hanno fatto le promesse di qualche mese fa che, anche voi, avete pubblicato sul vostro sito?

La Regione aveva annunciato scuole aperte di pomeriggio, laboratori, psicologi ed educatori a scuola, progetti inclusivi, c’era (o forse c’è ancora) un finanziamento cospicuo, che fine ha fatto? Quando si inizia? Non ho visto nulla nei mesi successivi. Si è parlato tanto dopo la crisi pandemica di fragilità psicologiche che diciamolo, hanno colpito tutti, ma forse soprattutto loro: i ragazzi, che sono in una età di mezzo, non più piccoli per accettare di essere protetti, non tanto grandi da maturare la coscienza che possono autodeterminarsi.

Accompagno mia figlia nelle sue tante attività, cerco di aiutarla a sviluppare, a crescere forte, ma non posso controllare il suo equilibrio psicologico. Ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di una rete.  Non è un tempo facile quello che viviamo. La famiglia ha bisogno di aiuto, di mano tese, di servizi, di una comunità che sostenga, che ci dia strumenti. Noi stessi genitori finiamo per non conoscere i nostri figli, resi ancor più fragili da un anno di solitudini dove l’unico appiglio era appunto il telefonino, la videochiamata, il falso sorriso che va tutto bene.

Se questo tsunami non possiamo arrestarlo con divieti che sarebbero inutili, dateci gli strumenti per combattere gli elementi nocivi che porta. Ai politici dico di far presto. Ciò che è accaduto a Monopoli è avvenuto nella nostra regione, non al di là dell’Oceano in una società che non conosciamo, è avvenuto a casa nostra. Non possiamo far finta di nulla.

Grazia, mamma di Francesca

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