Le statistiche segnalano un incremento sensibile di accessi al pronto soccorso e interventi di neuropsichiatria infantile per la fascia di età compresa tra i 12 e i 18 anni

Depressioni, comportamenti autolesivi, disturbi del comportamento alimentare, alterazioni del tono dell’umore, stati d’ansia e crisi di panico. Le problematiche adolescenziali sono esplose a causa della pandemia e delle relative restrizioni sociali: negli ultimi due anni si sono moltiplicati fenomeni di natura psicologica e neuropsichiatrica che preoccupano i medici e allarmano famiglie e scuola. Le statistiche segnalano un incremento sensibile di accessi al pronto soccorso e interventi di neuropsichiatria infantile per la fascia di età compresa tra i 12 e i 18 anni. È un fenomeno globale, piuttosto accentuato in Puglia. L’Unità operativa di Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Bari registra l’aumento dal 7 al 23 per cento in due anni, dal 2019 al 2021, di emergenze di salute mentale correlate al Covid.

Allarme ulteriore per i tentativi di suicidio, passati dal 2 per cento pre- Covid all’8 per cento nel 2021. I ragazzi insomma fanno fatica ad adattarsi alla realtà e a costruire relazioni serene: il fenomeno ha radici in un disagio precedente alla pandemia, ma esploso dopo il primo “lockdown”. Quali dunque le risposte educative, posto che il disagio non corrisponde automaticamente ad una patologia, ma può generarla? Se ne è parlato in un primo confronto online tra i soggetti in campo, per iniziativa del Forum delle associazioni familiari della Puglia e dello Sportello virtuale www.pugliaforfamily.it; ne seguirà un altro, questa volta aperto al pubblico e con il coinvolgimento dei vertici istituzionali della Regione Puglia, per articolare una proposta di percorso condiviso.

Il primo elemento emerso dal confronto tra medici, famiglie e scuola è la necessità di potenziare i servizi per l’infanzia e l’adolescenza, poiché manca una rete cui affidare i casi di bisogno una volta esaurito l’intervento clinico. In questa fase è in difficoltà peraltro la stessa realtà ospedaliera, costretta a trascurare le cure ambulatoriali per poter fronteggiare le emergenze. Docenti e presidi segnalano l’aumento di casi di disturbo dell’apprendimento e di alunni inquadrati con “bisogni educativi speciali”. Anche la scuola, dunque, è in difficoltà e sollecita interventi formativi per gli stessi docenti, che chiedono approfondimenti col supporto di esperti. I problemi preesistenti che si sono aggravati con la pandemia hanno fatto emergere inoltre una certa fragilità della famiglia, con la scuola che fa da “badante” dei genitori che, incapaci di gestire il disagio dei figli, ne accentuano l’ansia da prestazione. Da qui l’esigenza di servizi di prevenzione, per formare la famiglia in dialogo con la scuola. Il servizio di assistenza psicologica nella scuola è stato potenziato ultimamente dalle Asl, ma la scuola chiede di non “medicalizzare” il problema e di affrontarlo anche e soprattutto attraverso l’impiego di pedagogisti, più che di psicologi. In questo caso il confronto si infiamma intorno al ricorso alla didattica a distanza (dad), che sicuramente riduce nei ragazzi l’ansia da prestazione ma ne incentiva la difficoltà relazionale; ma proprio sulla dad spesso finora si è innescata una ulteriore distonia tra le famiglie favorevoli (sostenute dagli psicologi) e la scuola, contraria.

La specificità tutta pugliese della libera scelta tra dad e didattica integrata ha poi ingigantito la confusione e di conseguenza il disagio. L’ascolto dei più giovani resta sullo sfondo come metodo risolutivo, perché i ragazzi si vanno isolando nei social, dove tuttavia le relazioni risultano effimere. Per favorire il ripristino di un equilibrio interiore, il ritorno all’attività sportiva e soprattutto ai giochi di squadra all’aperto, viene segnalato come supporto efficace; al riguardo, gli oratori parrocchiali svolgono un ruolo sociale apprezzato perché consentono le relazioni a prescindere dalla competizione agonistica.

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